Tendinite? No, Grazie! Le strategie vincenti per gli Atleti

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Le infiammazioni dei tendini sono da sempre uno dei più comuni disturbi che affliggono l’atleta e lo costringono a periodi di stop più o meno lunghi, compromettendo spesso la stagione agonistica. Il tendine è quella porzione a monte e a valle di un muscolo che lega il muscolo appunto ad uno dei capi ossei articolari, avendo quindi un’importante funzione motrice.

L’infiammazione è quel sistema di difesa, di protezione che l’organismo adotta qualora un agente esterno ne perturbi o danneggi l’integrità, l’omeostasi. Molte possono essere le cause dell’inizio del processo infiammatorio a carico delle strutture tendinee, ma soffermiamoci su quella che interessa 97 tendiniti su 100, ovvero il sovraccarico funzionale.

Il tendine è una struttura molto forte, costituita principalmente da collagene e elastina. Questa composizione gli conferisce grande robustezza a discapito dell’elasticità. Inoltre, essendo poco vascolarizzato, la capacità di riparare a una qualsiasi lesione, anche minima, ha dei tempi molto più lunghi rispetto ad una stessa microlesione a livello muscolare.

Un movimento continuo e ripetuto nel breve tempo espone il tendine a sopportare carichi o tensioni che superano il grado fisiologico di carico o di tensione che essi sono in grado di sopportare senza subire microlesioni, innescando così il processo infiammatorio. Per cui, una tendinite è già segno di una “microlesione” del tendine.

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Quando il processo infiammatorio porta nel breve termine alla riparazione del danno tissutale, si ha quella che chiamiamo “restitutio ad integrum” e parleremo di tendinite acuta risolta.

Quando il sovraccarico funzionale, la ripetizione del gesto atletico, gli allenamenti ravvicinati, non danno il tempo al processo infiammatorio di riparare la microlesione e ricreare un tessuto funzionale, questa può non cicatrizzare, cicatrizzare con tessuto di riparazione sostitutivo (fibrosi), o addirittura aumentare fino a diventare una lesione di continuità vera e propria.

In questo caso lo stato infiammatorio persisterà diventando cronico.

Un’infiammazione cronica è ben diversa da un’infiammazione acuta, uno dei motivi è la quasi certezza di non avere una completa restitutio ad integrum.

Inoltre, nello stato cronico di qualsiasi patologia, ci si troverà probabilmente a fare i conti con un dolore non più dovuto alla lesione di continuità, ma ad un dolore di memoria, divenendo quindi non più un sintomo, ma la patologia stessa.

Segni e sintomi dell’infiammazione includono ovviamente dolore, gonfiore, rossore e nei casi più gravi l’incapacità di utilizzare il tessuto infiammato, rendendo difficile reclutare forza nel relativo muscolo.

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Come evitare il sovraccarico funzionale e non incorrere nel rischio infiammatorio?

Innanzitutto, cerchiamo di mettere nel massimo comfort tutti i segmenti articolari, curando nel dettaglio il gesto tecnico.

È importante curare lo stretching sia statico che dinamico, la mobilità articolare, l’allineamento dei vari segmenti articolari.

Utilizzare e tenere cura di tutti gli strumenti che possono aiutare e facilitare il gesto tecnico è fondamentale.

Il post allenamento e le giornate di riposo sono momenti fondamentali per la prevenzione: massaggi, manipolazioni, terapie fisiche, posture e il pacchetto quotidiano curato con il vostro fisioterapista di fiducia sono essenziali.

Tra le precauzioni fai da te, i vari strumenti di automassaggio e di manipolazione fasciale come rulli, palline sono ben accette, così come l’uso di unguenti naturali antinfiammatori.

Lascio da parte il discorso crioterapia per ora, in quanto si potrebbe dedicare un articolo a parte.

E se, nonostante tutte queste precauzioni, vi trovate lo stesso alle prese con un episodio di tendinite, il primo consiglio è quello di avere un riscontro strumentale ad una prima diagnosi clinica, come un’ecografia o una RMN.

Dalle ultime linee guida emanate nei congressi di medicina dello sport, risultati scientifici sconsigliano l’abbinamento di cortisonici con sostanze quali acidi ialuronici, PRP e quant’altro.

È preferibile la somministrazione di uno o dell’altro a seconda dei casi. In caso di lesione anche minime delle guaine sinoviali di rivestimento dei tendini, l’uso prolungato di cortisonici è da sconsigliare.

Un esame diagnostico di controllo periodico o a fine percorso riabilitativo è sempre preferibile per avere la certezza della completa avvenuta restitutio ad integrum del tessuto danneggiato.

Detto ciò, lasciate piena libertà al team medico e fisioterapico che vi ha in cura: la fiducia che riponete nel vostro team è al 50% il primo passo verso la ripresa dell’attività sportiva.

 

Antonio Guglietta
DOTTORE IN FISIOTERAPIA presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
DIPLOMATO IN OSTEOPATIA
Atleta fino a 17 anni (ha vinto uno scudetto Giovanissimi con la A.S. Roma!)
Ha partecipato come fisioterapista a diverse Olimpiadi
Capo reparto di fisioterapia del Centro di Preparazione Olimpica di Formia

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